Survivors: sopravvissuti al suicidio

Introduzione

In occasione della giornata internazionale dei sopravvissuti al suicidio il Professor Maurizio Pompili, Ordinario di Psichiatria, Sapienza Università di Roma, nell’ambito dell’American Foundation for Suicide Prevention (AFSP) ha organizzato un webinar di ricordo e riflessione. Il saluto e l’introduzione del professor Pompili hanno preceduto i seguenti interventi:
• La scienza incontra la gente: strategie dell’American Foundation for Suicide Prevention per la prevenzione del suicidio durante il Covid 19 di Jill Harkavy-Friedman, Christine Moutier, membri dell’AFSP
• Sopravvivere al trauma di una perdita: esperienza di un’associazione
Paolo Scocco, Medico Psichiatra e Psicoterapeuta e Presidente di SOPROXi, una Onlus della provincia di Padova che si occupa di favorire il benessere di familiari e amici di persone che si sono suicidate e della prevenzione del suicidio
• Testimonianza di Matteo Bianchi, che ha perso il suo compagno 22 anni fa
• Tavola rotonda: Associazioni a confronto
1. A.M.A Associazione di Auto Mutuo Aiuto Ceprano e Provincia di Frosinone onlus
2. Anto Paninabella – ODV
3. La Tazza Blu
4. Soproxi onlus

 

Il presente articolo si propone di offrire un resoconto di quanto emerso e condiviso nel corso dell’evento.

Definizioni

  • Il termine suicidio (formato sull’analogia del latino homicidium e composto da “sui”, genitivo del pronome riflessivo, e “cidio”, dal tema di caedere, “tagliare a pezzi, uccidere”) indica l’atto di togliersi deliberatamente la vita.
  • Il termine “survivor” deriva dal verbo inglese “to survive” ed indica l’esperienza del continuare a vivere o esistere anche in presenza di condizioni o eventi avversi o dopo la morte di qualcuno. Viene utilizzato per indicare un individuo che ha perso la persona cara a causa di un suicidio.

OMS: la dimensione del problema

Secondo i dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nel 2000 sono morte suicide circa un milione di persone: si calcola che il tasso globale di mortalità sia di 16 per 100 mila, con una morte ogni circa 40 secondi.

Negli ultimi 45 anni il tasso di suicidio è cresciuto del 65% in tutto il mondo. Oggi il suicidio è considerato una delle tre principali cause di morte fra gli individui di età compresa tra i 15 e i 44 anni, in entrambi i sessi. Senza contare i tentati suicidi, fino a 20 volte più frequenti. Nonostante il tasso di suicidi sia sempre stato più alto fra gli anziani di sesso maschile, le percentuali sono cresciute notevolmente fra i giovani, che oggi rappresentano il gruppo a maggior rischio in un terzo dei Paesi, indipendentemente dal reddito. Tra i giovani di età compresa tra 15 e 29 anni, il suicidio è stata la quarta causa di morte dopo gli incidenti stradali, la tubercolosi e la violenza interpersonale.

Uno sguardo al contesto italiano

In Italia circa 4000 persone muoiono di suicidio ogni anno. Per ogni suicidio ci sono almeno 6 persone che sopravvivono. In media, secondo Edwin S. Shneidman (1969), psicologo statunitense, specializzato nel trattare l’argomento del suicidio, circa sei persone sono coinvolte nella perdita della persona che si è suicidata. Ciò significa che in Italia, ogni anno, ci sono circa 24.000 nuovi sopravvissuti ad un suicida. In realtà, considerando i dati della letteratura, si stima che le persone coinvolte nella perdita siano circa 100 per ogni morte causa del suicidio. Ciò riguarda affetti molto vicini alla persona mancata ma anche conoscenti e contatti sociali distanti (Cerel et al., 2019).

Survivors: principali vissuti

La perdita di una persona cara per suicidio è stata definita scioccante, dolorosa e inaspettata. Questa esperienza è un processo individuale molto complesso e la gestione dell’impatto e del disagio che si manifestano a fronte dell’evento non segue un percorso predefinito. Ogni sofferenza è unica per quanto l’ “evento causa” possa essere comune. Grazie ai diversi interventi è stato possibile circoscrivere i principali vissuti e le principali difficoltà che “chi rimane”, ossia il survivor, si trova ad affrontare.

  • Uno degli aspetti che contraddistingue la morte per suicidio dalle altre perdite è che quest’ultima viene vissuta come un’interruzione dei legami che è stata scelta, non è stata accidentale. Questo lascia spazio alle domande:
    “Perché l’ha scelto? Perché ci ha fatto questo?”. La ricerca del perché è incessante. “Chi rimane” si interroga su ciò che poteva fare. C’è chi pensa di non aver fatto abbastanza “se solo avessi…”, chi sperimenta colpa per “non essersi accorto…”. Le domande e i dubbi, dice Matteo Bianchi “vengono lasciate come eredità”.
  • Chi racconta di essersi arrabbiato, aver provato rabbia nei confronti del proprio caro in quanto “mi sono sentito abbandonato, lasciato solo” e chi invece sperimenta vergogna “perché forse centro anch’io e centriamo anche noi”. Spesso, a seguito della rabbia emerge un senso di colpa per il fatto di provare rabbia nei confronti della persona cara.
  • Le testimonianze descrivono una situazione talmente complessa che dal momento in cui la si racconta a qualcuno si ha l’impressione di “provocargli uno shock”. Matteo, raccontando la sua esperienza, dice che gli è capitato di raccontare la sua storia, soprattutto poco dopo l’accaduto, e di essersi sentito dire: “oddio non avevo idea, non so cosa dirti”. A quel punto, dice Matteo, “è come se tu dovessi poi supportare anche il dolore dell’altro. Questo ha fatto sì che io smettessi di parlarne, non per vergogna bensì per il carico emotivo per che mi comportava”.
  • Un altro vissuto condiviso dai testimoni è una “sensazione di onnipotenza”. Raccontano di un dolore talmente profondo che porta a pensare che non vi può esistere altro di più doloroso e al contempo che quello che la gente chiama “problema” sia solo una banalità quotidiana da gestire.
  • Sempre Matteo, riguardo a questo, dice: “ti rapporti agli altri in modo superiore perché “non possono capire. I rapporti sociali sono avvelenati da questa situazione che vivi” generando delle implicazioni sulle relazioni interpersonali.
  • Emerge un senso di rifiuto e abbandono nei confronti della società. Se da un lato i vissuti di colpa ed autoaccusa ostacolano la condivisione del proprio disagio, dall’altro vige un pensiero comune tra la popolazione: “forse è meglio non chiedergli niente, sta già male di suo. Forse è meglio che non tocchiamo l’argomento”. In questo modo, tuttavia, vengono promossi processi di emarginazione e isolamento col rischio di dar vita ad un dolore vissuto privatamente anziché in modo condiviso, in una fase di vita che costringe a ridefinire il proprio ruolo all’interno dell’assetto famigliare e comunitario.

Le testimonianze e gli interventi dei relatori hanno messo in luce come i Servizi che si occupano di offrire supporto ai survivors si configurano come dei punti di riferimento fondamentali per affrontare e gestire il dolore e la sofferenza che sperimentano.

Prevenzione e promozione: informare, formare e gestire

L’incontro è stata un’occasione per sottolineare ancora una volta l’importanza di azioni preventive che partono proprio dall’informare la cittadinanza circa il fenomeno (inclusi i riferimenti normativi) e circa la rete dei servizi a disposizione di chi, come molti, si trova ad affrontare la perdita di una persona cara e a gestire i cambiamenti che questo evento implica nella propria vita. Attualmente solo 38 paesi hanno adottato una strategia nazionale di prevenzione del suicidio e per l’Oms è necessaria un’accelerazione significativa nella riduzione dei suicidi per raggiungere l’obiettivo di una riduzione di un terzo del tasso di suicidi globale entro il 2030.
Per supportare i paesi nei loro sforzi, l’OMS ha messo a punto una guida completa per l’implementazione del suo approccio alla prevenzione del suicidio.
Quattro le strategie individuate:

  1. Limitare l’accesso ai mezzi di suicidio, come pesticidi altamente pericolosi e armi da fuoco;
  2. Educare i media alla denuncia responsabile del suicidio;
  3. Promuovere capacità e competenze socio-emotive negli adolescenti;
  4. Identificazione precoce, valutazione, gestione e follow-up di chiunque sia affetto da pensieri e comportamenti suicidari.

Diventa fondamentale favorire un’educazione al fenomeno anche in termini di riconoscimento di condotte o espressioni verbali al fine di promuovere l’efficacia degli interventi. C’è bisogno di veicolare la questione anche nella popolazione giovanile e depotenziare lo stigma. Proprio per questo, accanto all’informazione è necessario innescare sempre più percorsi educativi e formativi all’interno delle scuole, degli entri e delle istituzioni nell’ottica di promuovere una gestione responsabile, competente e condivisa del fenomeno.

Sitografia:

  • American Foundation for Suicide Prevention: https://afsp.org/
  • Soproxi, per familiari e amici di persone che si sono suicidate: https://www.soproxi.it/
  • A.M.A Associazione di Auto Mutuo Aiuto Ceprano e Provincia di Frosinone onlus: https://www.amaceprano.org/
  • Anto Paninabella – ODV: https://www.paninabella.org/
  • La Tazza Blu: https://www.latazzablu.org/
  • Associazione DeLeoFund: https://www.deleofund.org/
  • Oms, suicidi: la dimensione del problema (iss.it)

Fai il primo passo verso il cambiamento.

Se sei qui, forse senti che è il momento di muovere un passo verso il cambiamento.
Iniziamo insieme.

Inizia ora!

Elisa Tiberto

Psicologa, appassionata di storie e movimento.

Offro supporto psicologico a chi sente il bisogno di nuove prospettive e strumenti per orientarsi nel proprio percorso di vita.

Come ti aiutoScopri chi sono

Altri articoli