“Una persona cambia se è motivata a cambiare!”
“Ci sei riuscita perchè eri motivata!!”
Si tende spesso ad associare il cambiamento ad un’istanza, “la motivazione”, e a parlare di “motivazione al cambiamento”.
Questo articolo si propone di mettere in luce la debolezza di questa teoria e di offrire delle lenti di lettura alternative a tutte quelle situazioni in cui scegliamo di fare una cosa pur sapendo che farla non è la scelta migliore per il nostro benessere, la nostra salute, i nostri obiettivi.
Partiamo da un caso clinico.
Incontro Anna, una donna di 30 anni che ha da poco iniziato un percorso di perdita di peso. Anna è seguita da un’esperta in nutrizione e mi contatta “perchè ho paura di mollare anche questa volta..”.
Anche questa volta.
La storia di Anna si caratterizza per tentativi di percorsi di dimagrimento non riusciti o che hanno subìto il cosiddetto effetto yo-yo, cioè la perdita di peso seguita da altrettanta ripresa.
Utilizzando la regola “la persona cambia se è motivata a cambiare” potremo pensare che Anna, nel corso della sua vita, non è stata motivata al punto di continuare i percorsi e favorire un cambiamento.
Questa lettura troverebbe conferma e albergo nella maggior parte delle teorie prodotte in ambito delle scienze sociali su “motivazione e cambiamento” che si rifanno ad una visione “socratica” del fenomeno, dove la volontà causa l’azione secondo un modello deterministico di causa-effetto. L’uomo come agente intenzionale che determina il cambiamento e la motivazione come una qualità cognitiva.
Socrate, infatti, affermava: “Nessuno va volontariamente verso il male” (358d). Se una persona esamina una situazione e decide di agire nel modo che ritiene essere il migliore, perseguirà questa azione, poiché la strada migliore è anche la buona condotta, cioè l’obiettivo naturale dell’uomo. Una valutazione globale della situazione porterà alla piena conoscenza dell’esito e del valore di una decisione legati a principi del bene ben sviluppati. Una persona, secondo Socrate, non sceglie mai di agire male o contro il suo miglior giudizio; e, quindi, le azioni che vanno contro ciò che è meglio sono semplicemente il prodotto dell’ignoranza dei fatti o della conoscenza di ciò che è meglio o buono.
Ma.. quante volta accade di scegliere di fare una cosa pur sapendo che farla non è la scelta migliore per il nostro benessere, per la nostra salute?
Scegliere di continuare una relazione, nonostante…
Scegliere di non studiare o di andare al mare, anche se…
Scegliere di mangiare un pezzo di torta, due pizze a settimana, di non andare in palestra o andarci tutti i giorni, nonostante…
Quanto può essere riduttivo legare tutte queste scelte alla (poca) “motivazione”?
Rispondiamo a Socrate, citando Dostojesdky, le cui parole consentono di introdurre una lettura del fenomeno che tiene conto della complessità che caratterizza le scelte umane.
“Da dove hanno tratto i saggi l’idea che i desideri di un uomo debbano essere necessariamente normali e virtuosi?
Per quale motivo essi ritenevano che l’animo umano mirasse inevitabilmente a qualcosa di ragionevole e vantaggioso?”
Il fenomeno acratico
Dal greco a-crates: mancanza di potere, di controllo, di dominio, di regia.
Fenomeno che rappresenta quelle situazioni in cui la persona riconosce quali sarebbero le scelte migliori e quelle
peggiori, stante gli obiettivi che si pone, ma deliberatamente sceglie le peggiori.
Anna, pur affermando che “proseguire con la dieta sarebbe stata la scelta migliore in quanto il suo peso la mette a rischio…” ha scelto di interromperla.
Approfondiamo la questione: come si manifesta questo fenomeno? Cosa accade
Molto spesso lo ascoltiamo sotto forma di racconti di battaglia, lotta, antagonismo.. conflitto tra parti di sè: come se vi fosse un alternanza di voci che si alternano il primato e che risultano incompatibili tra loro. Le parole di Anna fungono da esempio:
“Una parte di me sapeva che stavo facendo la scelta sbagliata per la mia salute ma un’altra parte di me era davvero stanca di rispettare quelle regole!!”.
Quale voce seguo? Quale “io” tradisco?
Il fenomeno acratico viene spesso liquidato in mancanza di motivazione, impulsività, irrazionalità, quando invece rappresenta ed è la pura manifestazione della complessità di noi esseri umani.
E’ poco efficace parlare di “logica della conseguenza” (cambio se sono motivato); Reputo adeguato e più appropriato parlare di legami di appropriatezza: noi, esseri umani, siamo immersi nella rete semantica di attribuzione di significati. Agiamo sulla base dei significati e del senso che attribuiamo a quanto ci circonda e accade. Quello che facciamo e/o che diciamo assume
valore in riferimento al contesto e alle trame di significati che caratterizzano quel contesto.





