Corpi legati e sedati: in nome di quale atto di cura?

Il 21 settembre, in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer, ho preso parte ad un seminario dal titolo “Corpi legati e sedati: in nome di quale atto di cura?”, l’Ottavo Sente-Mente Day.
Grazie ai contributi di Docenti provenienti da tutta Italia, è stato possibile generare un confronto su un tema urgente e non procrastinabile: la contenzione fisica e farmacologica antitetica alla cura delle persone che vivono con demenza nelle Rsa (Residenze sanitarie per anziani) ed in generale della popolazione anziana. In questo articolo riporto i principali trattati ed approfonditi dai professionisti. 

Le catene fisiche: il macigno nella relazione di cura

Il Dott. Daniele Roccon, Direttore Centro Servizi “A. Galvan” di Pontelongo (PD) ha introdotto il tema della contenzione ricordando la vicenda di Franco Mastrogiovanni, morto nel 2009 dopo 82 ore di contenzione nell’ospedale di Vallo di Lucania. Ci è voluta una sentenza della Corte di Cassazione (20 giugno 2018, n. 50497) per poter dare valore giuridico all’affermazione “la contenzione non è un atto terapeutico” e sostenere che il medico non può giustificarla con la libertà di cura, costituzionalmente tutelata.
L’intervento è stata occasione per riflettere circa il ruolo della cosiddetta “medicina difensiva” che tutt’oggi funge da ostacolo alla “cura della relazione”, soprattutto nei contesti delle Rsa (Residenze Sanitarie per Anziani) dove spesso la contenzione viene giustificata: “l’ho fatto per il tuo bene, altrimenti cadi e ti fai male”. Come direttore, inoltre, ha sottolineato l’importanza di offrire una formazione continua agli operatori sanitari e della salute per riconoscere i limiti della medicina ed apprendere altri metodi che si occupino della cura della relazione.

La libertà è al bisogno? Il farmaco tra negazione di possibilità e qualità della vita

Il Dott. Giorgio Simon, Direttore sanitario presso centro progetto Spillimbergo, ha condiviso dati della letteratura che mostrano come i principali farmaci usati per la cura dell’Alzheimer (antipsicotici atipici e benzodiazepine) impattano negativamente sul piano organico, cognitivo e interattivo. La riflessione rispetto al tema del farmaco e della terapia come scelta condivisa con la persona che si rivolge al professionista, è stata promossa usando due citazioni:

  • “Un consiglio utile per gli studenti di medicina svegli. Se vi domandano “qual è il trattamento per la malattia X?” non rispondete “Y”. Rispondete piuttosto “ciò che sceglie il paziente insieme a me dopo essere stato accuratamente informato sui vantaggi e gli svantaggi di tutte le opzioni” Citando Richard Smith (2002)
  • “Per poter poter veramente affrontare la malattia dovremmo poterla incontrare fuori dalle istituzioni la cui funzione è quella di etichettare, codificare, fissare in luoghi congelati coloro che vi appartengono” (Franco Basaglia).

Contenzione: vite imprigionate. La vita pulsa anche attraverso il movimento. Una storia di libertà

Lucia Fabbri, Fisioterapista presso Villa Salus, ha raccontato la storia di Anna, utente della residenza alla quale era stato diagnosticato Parkinson, per sottolineare come la costruzione condivisa del progetto di intervento e di cura ha consentito all’équipe di accompagnare Anna ad utilizzare le possibilità motorie al fine di promuovere la sua autonomia.
Questa storia ha messo in luce la rilevanza del lavoro di rete e l’importanza di condividere un obiettivo. Riprendendo le parole della Dott.ssa Fabbri “ogni utente è un’occasione che dobbiamo usare per incrementare le nostre competenze come professionisti che appartengono ad una squadra”. Come operatori possiamo aprire varchi di possibilità attraverso il movimento, uno strumento prezioso che ci consente di promuovere possibilità interattive.

Corpi legati: un viaggio nei paesaggi delle neuroscienze verso sentieri di libertà

L’intervento di Giusi Perna, Psicologa ad indirizzo Neuropsicologico, inizia con la domanda: quali sono le ripercussioni neuropsicologiche della contenzione?
Il deterioramento cognitivo va a ledere prevalentemente la parte superiore del cervello delle persone: neocorteccia cerebrale e le aree responsabili della memoria, attenzione, linguaggio, ragionamento. Risparmia, nella maggior parte dei casi, le aree somatosensoriale e motoria, responsabili delle sensazioni tattili. Ancora più lentamente va a colpire le aree emotive, quelle più arcaiche, che rimangono funzionanti a lungo. Nonostante questa consapevolezza neuroscientifica, la letteratura ci dice che sono proprio le persone con deficit cognitivo a subire più frequentemente le contenzioni. Quali sono i rischi che le persone corrono attraverso la contenzione?

  • Fisici e cognitivi: il movimento per le persone con demenza corrisponde a vita – movimento è vita per noi e anche per loro.
  • Morte per asfissia, complicanze cardiache, traumi, overdose da farmaci ecc
  • Emozioni: paura, panico, rievocazione di esperienze passate, isolamento, stress, confusione ecc.
  • Risvolti nella relazione: le contenzioni favoriscono paura, sfiducia, rabbia nei confronti degli operatori e minacciano l’alleanza terapeutica
  • Iper attivazione asse Ipotalamo – Ipofisi – Surrene: alte concentrazioni di molecole e neurotrasmettitori quali cortisolo, adrenalina e noradrenalina favorisce la manifestazione di disfunzioni organiche in quanto collocano il nostro corpo in un continuo stato di attacco-fuga con implicazioni sostanziali: arresto di processi di crescita, disfunzione legati al funzionamento o abbassamento delle difese immunitarie, malattie cardiovascolari, ripercussioni sul ritmo sonno veglia, sull’apparato digerente ecc.

Noi esseri umani non siamo fatti per tutto questo. Siamo animali sociali che vivono grazie all’interazione e siamo dotati di una capacità straordinaria: l’empatia”, queste le parole usate da Giusi Perna per introdurre ed approfondire anche un altro argomento, cuore delle neuroscienze: i neuroni specchio e le loro funzioni. I neuroni specchio sono una popolazione di neuroni che ci consente attraverso gli occhi di rispecchiarci e sentire le emozioni degli altri. La nostra natura, dunque, è quella di partecipare alle emozioni delle persone di cui ci prendiamo cura.

Scelte organizzative per allargare la vita: oltre il senso di protezione nelle RSA italiane

La Dott.ssa Irene Brancia, ha descritto il lavoro di promozione del cambiamento apportato al modello organizzativo che orientava i processi e le prassi entro la Residenza Anziani Villa Salus di Rimini, dove ricopre il ruolo di Direttrice.
L’emergenza legata alla diffusione del Covid19 “ha reso necessario condividere e costruire con gli operatori nuove strategie, usando quanto avevamo a disposizione, al fine di promuovere la salute dei residenti, dei caregiver e degli stessi operatori”. Le procedure rappresentano quelle tracce che direzionano il lavoro e sono necessarie per definire degli indicatori di processo al fine di monitorare quello che si sceglie di applicare. Un’esempio di procedura che è stata da lei presentata prende il nome di “Team di comunità” e consiste in incontri tra i responsabili del Servizio per condividere strategie ed azioni comuni. 
Come sostiene la Dott.ssa Brancia, “per arrivare a modelli di eccellenza è necessario condividere e applicare modelli che non sono solo basati sulla rivoluzione ma è basare le rivoluzioni su evidenze scientifiche”.

Ma noi abbiamo davvero il coraggio di chiamarla protezione? Tracce per un’organizzazione che libera e cura

Ultimo intervento a cura di Letizia Espanoli, ideatrice di Sente-mente * modello, formatrice in ambito socio-sanitario che da 30 anni si occupa della triade terapeutica: familiari, operatori e persone che con-vivono con una diagnosi di demenza.
Il modello si pone l’obiettivo di generare e promuovere il ben-essere di tutte le persone che, direttamente o indirettamente, si trovano a dover far fronte e gestire una condizione di malattia (utenti, operatori sanitari e della salute, famigliari, volontari, assistenti famigliari…).
Tra i vari temi affrontati metto in luce 4 aree che secondo Letizia Espanoli è necessario saper gestire al fine di favorire modalità di intervento “altre” dalla contenzione:

  1. Chiedersi: “Cosa penso io della contenzione?” Perché forse anch’io ho creduto che la contenzione talvolta sia il male minore. “Quali sono le convinzioni di chi opera nella mia organizzazione?” L’invito è quello di lavorare prima di tutto sulle nostre credenze. Le mie credenze sono coerenti ai valori (dinamici) della mia organizzazione?
  2. Conoscere le “Best practice interazionali” frutto di evidenze scientifiche. L’idea è che “dobbiamo conoscere per andare oltre”.
  3. Il tempo. Sapere usare il tempo a disposizione per produrre attività ad alto valore aggiunto. Quale contributo possono offrire i ruoli che abitano, lavorano nelle Rsa?
  4. Numeri e processi – legare i numeri alle procedure e agli obiettivi di performance. Chiedersi: Quali sono i numeri della qualità? Come trasmetti la cultura aziendale? I numeri sono fondamentali. Non sono solo i numeri di bilancio ma ciò che rappresenta per te il valore e la qualità della tua organizzazione.

L’incontro è stata occasione per noi operatori di porci diverse domande a seguito di ciascun intervento come ad esempio “Cosa voglio fare accadere come operatore da domani?

Lo slogan, #lavitanonfinisceconladiagnosi, vuole sottolineare che la manifestazione della malattia cambia ma non interrompe il flusso della biografia, ossia della vita, di un individuo. A noi operatori la responsabilità di dotarci di metodi e strumenti che ci consentano di generare possibilità cognitive, motorie e socio interattive anche laddove la malattia si impone e cerca incessantemente di ridurle.

Fai il primo passo verso il cambiamento.

Se sei qui, forse senti che è il momento di muovere un passo verso il cambiamento.
Iniziamo insieme.

Inizia ora!

Elisa Tiberto

Psicologa, appassionata di storie e movimento.

Offro supporto psicologico a chi sente il bisogno di nuove prospettive e strumenti per orientarsi nel proprio percorso di vita.

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