Violenza contro le donne tra istituzioni, servizi e buone pratiche di gestione

Introduzione

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, l’Amministrazione del Comune di Bagnoli di Sopra, di cui faccio parte, in collaborazione con la Compagnia teatrale SottoSopra, ha proposto un evento informativo dal titolo “Violenza contro le donne: tra istituzioni, servizi e buone pratiche di gestione”. Questo articolo si propone di riassumere quanto emerso nel corso della serata ed è stato scritto in collaborazione con le relatrici che hanno preso parte all’evento: le Dott.sse Chiara Mariani e Giulia Piovan, rispettivamente attive presso il Centro Antiviolenza di Venezia e il Centro Veneto Progetti Donna.

Il fenomeno della violenza: dati e normative vigenti

Di seguito si riportano i dati della violenza in Italia:

  • Il 31,5% delle donne ha subito nell’arco della propria vita una forma di violenza fisica o sessuale. La percentuale è uguale per le donne straniere
  • Il 13,6% da partner o ex partner
  • Il 5,4% delle donne ha subito uno stupro o un tentato stupro
  • Il 26,4% delle donne subisce violenza psicologica ed economica dal partner attuale, il 46,1% dall’ex partner
  • Il 21,5% delle donne è stata vittima di stalking
  • 1 bambino/a su 4 sotto i 5 anni di età vive con una madre vittima di violenza da parte del padre o del compagno

A fornirci le defezioni del fenomeno è la Convenzione di Istanbul, primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che ha fornito il quadro delle normative e delle indicazioni che gli stati firmatari – tra cui l’Italia che ha ratificato la convenzione nel 2013 – devono seguire per poter gestire il fenomeno della violenza sulle donne.

Nell’offrire la definizione ci dice che la violenza contro le donne è “violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”.
La convenzione definisce anche la violenza domestica: “atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.

Nell’offrire questa definizione si è andati a sottolineare un aspetto fondamentale, ossia il fatto che questi atti sono “fondati sul genere”. Si parla dunque di genere e questo perché il fenomeno in questione ha un fondamento culturale. Come ha esplicitato la Dott.ssa Mariani “viviamo in una società patriarcale in cui il genere maschile predomina su quello femminile. La volenza è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi ed è per questo che anche se la Convenzione di Istanbul ci dice che la violenza domestica può avere come vittima un uomo e quindi come autore della violenza una donna, questa sera stiamo parlando della violenza maschile sulle donne: perché i dati ci dicono che i casi di violenza domestica colpiscono maggiormente le donne”, in linea con quanto viene espresso dai dati poc’anzi citati.

Tipologie di violenza

E’ possibile distinguere diversi tipi di violenza:

• Violenza fisica
• Violenza sessuale che contempla anche tutti quegli atti intimi che vengono fatti sotto costrizione all’interno di una coppia. Non basta essere marito e moglie, compagno o compagna per dare diritto ad un uomo di costringere una donna ad avere un rapporto sessuale
• Violenza psicologica che consiste nell’incutere una sensazione di terrore, ansia e paura
• Violenza economica che può manifestarsi, ad esempio, nel alla donna di cercare lavoro
• Stalking, ossia atti persecutori che vengono fatti verso la vittima: pedinamenti, il controllo del telefonino, chat ecc.
• Violenza assistita: questa tipologia non colpisce direttamente la donna bensì il nucleo famigliare. È una tipologia di violenza che coinvolge i bambini e le bambine nella dinamica di violenza. Non si intende solo il vedere l’atto di violenza tra i due genitori o il fatto che il bambino può subire violenza ma anche il fatto che la creatura viene introdotta nelle dinamiche di violenza soprattutto dopo la separazione chiedendo, ad esempio, di spiare la madre. II caso peggiore è l’omicidio del bambino e il successivo suicidio del padre al fine di privare la donna di tutto ciò che ama.

I confini legislativi del fenomeno in Italia

Il percorso legislativo che lo Stato italiano ha affrontato si caratterizza per una serie di leggi entrate in vigore nel corso del tempo nell’ottica di ridurre il fenomeno, di tutelare la vittima e di punire l’autore di reato. Nel corso della serata ne sono state citate alcune, le più importanti:

  • L. 15 febbraio 1996, n. 66 che ha consentito di passare da delitto contro la moralità pubblica e il buon costume a delitto contro la libertà personale. Lo Stato, in questo senso, ha fatto un passo avanti: “la violenza di genere colpisce la tua libertà personale, non la moralità pubblica o sociale”
    • L. 4 aprile 2001, n. 154 che introduce l’allontanamento del familiare violento dalle mura domestiche come possibile modalità volta a tutelare la donna e garantire la sua messa in sicurezza
    • L. 29 marzo 2001, n. 134 che introduce il patrocinio a spese dello Stato
    • L. 23 aprile 2009, n. 38 che fa riferimento alla legge sullo stalking
    • L. 27 giugno 2013, n. 77, che segna l’atto di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Istanbul
    • L. 19 luglio 2019, n. 69, che ha visto l’introduzione del Codice Rosso e dunque l’introduzione di nuovi reati e l’inasprimento di alcune pene

La Dott.ssa Mariani ha voluto approfondire una delle forme di violenza che sempre più si manifesta nel nostro paese, ossia lo stalking. Nello specifico, ha messo in luce la scelta dello Stato di emanare una Legge (n. 38 del 2009) volta a tutelare la donna e disincentivare questa tipologia di violenza all’interno delle relazioni affettive. Di seguito alcuni punti cardine:

  • La pena per chi commette reato di stalking va da 1 a 6,5 anni
  • La pena aumentata se a compiere il fatto è il coniuge o persona legata da relazione affettiva
  • Per parlare di stalking ci devono essere stati almeno due reati persecutori: è un reato ABITUALE
  • Non serve protrarre il periodo di tortura per tanto tempo – sono sufficienti due episodi.
  • È NECESSARIO che sia la vittima a denunciare

Con il Codice Rosso (legge n. 69 del 2019) sono state introdotte nuove forme di tutela anche per il reato di stalking ed è stato introdotto un nuovo reato, ossia il revenge porn. Con il termine “revenge porn” si intende “la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. L’aspetto da considerare è che ad essere punito non è unicamente chi diffonde le immagini bensì chiunque contribuisce alla diffusione del materiale.

La Dott.ssa Mariani, in conclusione del proprio intervento ha esplicitato che: “Decidere di condividere delle proprie foto non significa dare il proprio consenso a diffonderle a chiunque. Farlo è un reato!!”.

La rete nazionale dei Servizi

Il Dipartimento delle Pari Opportunità ha messo a punto dei Piani Nazionali al fine di offrire agli Stati gli strumenti e linee guida necessari per intervenire sul fenomeno della violenza maschile sulle donne. I Piani Nazionali sono organizzati secondo le direttive delineate e specificate nella Convenzione di Istanbul e seguono QUATTRO ASSI DI INTERVENTO:

  1. Asse PREVENZIONE
  2. Asse PROTEZIONE E SOSTEGNO
  3. Asse PERSEGUIRE E PUNIRE
  4. Asse PROMOZIONE E ASSISTENZA

Il piano strategico nazionale attualmente in uso da tutti i Servizi presenti nel territorio italiano fanno riferimento al 2017-2020. A livello ministeriale stanno mettendo a punto il nuovo piano strategico.

1. ASSE PREVENZIONE

Servizi coinvolti nella rete, che agiscono ed intervengono, sono: i servizi sanitari ospedalieri; i servizi socio-sanitari; la procura della Repubblica; il Tribunale Civile, Penale, per i Minori; le Forze dell’Ordine e le Forze di Polizia Locale; gli Enti territoriali di competenza di regioni, Province, Comuni; Centri Antiviolenza (CAV) e case rifugio; centri per uomini maltrattanti. 

Promuovere l’informazione

Rispetto all’asse della prevenzione, la parte principale consiste nell’informare e sensibilizzare la popolazione tutta. Informare del ruolo degli stereotipi di genere nel creare, favorire, mantenere nella nostra società il fenomeno della violenza di genere.
La necessità, rilevata nel corso del tempo, di attivare e promuovere dei percorsi specifici per gli uomini autori di violenza, in linea con quanto stabilito dalla convenzione di Istanbul, ha promosso l’apertura di Centri per gli uomini maltrattanti. Secondo i dati del 2017 sono 54 in Italia.

Favorire la formazione

Quella che è la parte cruciale che va a coinvolgere gli operatori che fanno parte dei servizi che si occupano di gestire questo fenomeno è la formazione. Offrire un’adeguata e specifica formazione a tutte le figure coinvolte consiste nell’accrescere la conoscenza che a sua volta consente di rendere consapevoli le persone del loro ruolo che svolgono e ricoprono nei confronti dell’utenza. L’approccio principale che una persona deve avere è l’assenza del giudizio. L’altro aspetto è la capacità di riconoscere la violenza, riconoscere i segnali e valutare il rischio. Valutare il rischio della situazione consente di essere nelle condizioni di sapere come, quando e quali servizi attivare. La Dott.ssa Piovan sottolinea: “capire quanto è importante agire in fretta può essere fondamentale” e aggiunge “quello che deve essere chiaro è la possibilità di offrire degli strumenti alla donna per far si che sia nelle condizioni di fare una scelta nel rispetto del diritto di autodeterminazione”.

Sviluppare un sistema di rete “multi-agenzia”

L’obiettivo primario dell’asse della prevenzione è di sviluppare un sistema di rete chiamato “multi-agnzia” in cui ogni percorso, intervento si basa sulle competenze specifiche di ogni Servizio nell’ottica di favorire l’integrazione e la cooperazione tra gli snodi della rete. E’ importante, inoltre, la condivisione di una metodologia affinché sia possibile sviluppare dei protocolli operativi con valenza territoriale: regionale, provinciale e comunale.

2. ASSE PROTEZIONE E SOSTEGNO

Questo asse consiste nella tutela della donna (e di eventuali figli/e) nel percorso di fuoriuscita dalla violenza. Il fulcro di tutto questo sono i centri antiviolenza e le case rifugio. Nel territorio italiano i centri attivi sono 366 (Progetto Viva, 2017).

I Centri Antiviolenza

Sono luoghi in cui ci sono delle relazioni tra donne per le donne. Sono luoghi della riservatezza, dell’accoglienza, della protezione, delle relazioni, del non giudizio, della realizzazione di sé, della libertà e dell’autonomia.

I centri antiviolenza sono nati negli anni 50-60 a partire dalla necessità di dare rifugio a chi cercava di scappare dalle mura domestiche e dare sostegno alle donne che subivano molestie nei luoghi di lavoro. In Italia si sono sviluppati attorno agli anni 80.90.

Le attività principali dei centri antiviolenza sono:

  • Accoglienza telefonica
  • Sostegno e consulenza psicologica
  • Informazioni e consulenze legale
  • Accompagnamento a procedure burocratiche
  • Promozione di indipendenza economica e lavorativa
  • Ricerca di autonomia abitativa
  • Accompagnamento ai servizi
  • Affiancamento nel processo giudiziario
  • Ospitalità in alloggi protetti o case rifugio
  • Progetti con figli/figlie 
  • Mediatrici culturali

I centri antiviolenza sono servizi territoriali e operano in un certo territorio. Il Dipartimento delle Pari Opportunità ci viene in aiuto per capire qual è il centro a cui ci possiamo rivolgere attraverso:

  • Una mappa che esplicita tutti i CAV presenti e attivi nel territorio e che è disponibile al sito: www.pariopportunita.gov.it/materiale/mappa-centri-antiviolenza

NUMERI UTILI:

  • Il numero nazionale, attivo tutti i giorni, 24 ore su 24: 1522
  • Il numero Verde per il territorio di Padova e provincia: 800.81.46.81, che se contattato indirizza la persona al Servizi di competenza territoriale

Gli sportelli attivi in Veneto sono a:

  • PADOVA con sportelli a Padova, Cadoneghe e Abano terme
  • DONNEDESTE con sportelli a Este, Conselve, Montagnana e Solesino
  • LEUKÉ con sportello a Rubano
  • SACCISICA con sportello a Piove di Sacco
  • ALTA PADOVANA con sportelli a Cittadella, Camposampiero e Vigodarzere

Il piano strategico nazionale attualmente in uso da tutti i Servizi presenti nel territorio italiano fanno riferimento al 2017-2020. A livello ministeriale stanno mettendo a punto il nuovo piano strategico.

3. ASSE PERSEGUIRE E PUNIRE

Il terzo asse è volto a garantire la tutela delle vittime attraverso interventi rapidi, efficaci e integrati delle forze dell’ordine; attraverso revisioni legislative e attraverso l’accelerazione di procedimenti giudiziari che spesso risentono della difficoltà di cooperazione tra servizi.

4. ASSE PROMOZIONE E ASSISTENZA

Il quarto asse si pone come punto di riferimento per realizzare politiche integrate tra istituzioni e Servizi della rete affinché sia promossa una collaborazione tra chi mette in sicurezza, chi prende in carico la donna e chi cerca di offrire sicurezza alle donne.

BUONE PRATICHE DI GESTIONE

L’ultima parte della serata è stata dedicata a rispondere ad una serie di domande che spesso le persone rivolgono agli operatori e alle operatrici dei servizi, questo nell’ottica di condividere delle “buona pratiche” di gestione del fenomeno della violenza sulle donne.

  1. Come posso sostenere un’amica o una conoscente che so/sospetto essere vittima di violenza?
  • È importante fare delle domande in modo delicato e, se non vuole parlarne, rispettare la sua scelta
  • Se decide di raccontare, è necessario credere a quello che racconta
  • Sospendere il giudizio e dire che non è colpevole risulta fondamentale in queste situazioni
  • Informarsi sui Centri Antiviolenza del suo territorio e accennarle questa possibilità: se è interessata, dirle che si tratta di un Servizio di ascolto gratuito e aiutala a chiedere aiuto
  • Ricorda che sarà lei a decidere

2. Come posso offrire aiuto concreto ad un’amica o una conoscente che vuole rivolgersi ad un centro?

  • Cercando i contatti telefonici dei Centri antiviolenza più vicini a lei
  • Offrendosi di starle vicina quando chiama. In alternativa, informarla sulla possibilità di chiamare il 1522: le operatrici sapranno indirizzarla
  • E’ necessario fare attenzione ad un aspetto: dare alla donna queste comunicazioni in modo discreto e sicuro per non metterla in condizioni di pericolo
  • Un’altra cosa che può essere di grande aiuto è accompagnarla al Centro Antiviolenza

3. Cosa posso fare se subisco violenza fisica e/o abuso sessuale?

  • La prima cosa è occuparsi della propria salute, dunque recarsi al Pronto Soccorso (PS) più vicino. Il PS in questi casi crea un triage ad hoc pe la vittima. La donna viene accolta e l’uomo viene allontanato. Alle donne inoltre verranno offerte tutta una serie di informazioni utili per intraprendere un percorso di fuoriuscita dalla violenza e di messa in sicurezza
  • Chiamare le Forze dell’ordine se ci si trova in una situazione di pericolo
  • Un passo successivo potrebbe essere quello di contattare un Centro Antiviolenza per iniziare un percorso di elaborazione di quanto accaduto sia rispetto ai propri vissuti, sia dal punto di vista legale

4. Se mi rivolgo ad un Centro Antiviolenza sono obbligata a denunciare?

  • NO! Nei Centri Antiviolenza si trova ACCOGLIENZA e ASCOLTO SENZA GIUDIZI
  • Inoltre, nel caso in cui la donna volesse denunciare, potrà essere seguita da un/a legale per capire quali sono i suoi diritti e quali le conseguenze
  • Se sei una vittima di violenza, ora lo Stato ti tutela. Per la violenza sessuale si ha tempo fino a 12 mesi, per il reato di stalking 6 mesi (questo perché elaborare quanto successo e decidere di intraprendere una denuncia non è facile per la donna, e spesso è necessario che passi del tempo prima che si diventi consapevole di quanto accaduto e che si decida di denunciare per fermare l’autore di violenza)

5. Il centro può ospitarmi in una casa rifugio?

  • I Centri offrono accoglienza in luoghi sicuri e protetti alle donne (e loro figli/e) che scelgono di allontanarsi dalla violenza
  • Primo passo: capire se ci sono risorse nel contesto della donna. Più la donna è supportata più sostenibile il percorso di fuoriuscita
  • Se non ci sono altre possibilità o c’è pericolo imminente: sistemazione in alloggi temporanei a indirizzo segreto con graduale percorso di reinserimento sociale

6. Come posso sostenere i costi legali se non ne ho la possibilità economica?

  • Una consulenza legale gratuita è messa a disposizione della donna all’interno dei centri antiviolenza con l’obiettivo di offrirle le informazioni di cui necessità (es. quali sono i diritti rispetto ai beni in comune; cosa comporta denunciare..)
  • E’ possibile usufruire del “Gratuito patrocinio” se il proprio reddito lo consente. La donna, in questo caso, può usufruire di una lista di legali a disposizione per gestire il percorso
  • Attraverso un lavoro di rete (rete familiare ma anche rete dei servizi)

7. Cosa può fare la comunità per prevenire la violenza maschile sulle donne?
Prevenire significa entrare un passo prima che si manifesti la violenza. Si può fare attraverso:

  • Interventi nelle scuole: educazione alla parità di genere e approfondimento sugli stereotipi di genere. Gli stereotipi di genere sono tutte le aspettative che culturalmente abbiamo rispetto al genere femminile e al genere maschile
  • La promozione di una parità economica e lavorativa
  • Porre attenzione al linguaggio di genere. Le cose hanno un proprio nome e la lingua italiana ci offre un femminile e ci offre un maschile che dovremmo iniziare ad usare ad esempio per declinare le professioni anche al femminile (ad es. Avvocato e avvocata). Inoltre, come ha affermato la Dott.ssa Mariani, bisogna porre attenzione all’utilizzo dei cognomi, e quindi come si fa per gli uomini, scrivere il cognome delle donne che vengono menzionate nei dibattiti pubblici così come negli articoli di giornali, perché questo significa riconoscere e dare rispetto alla figura della donna.

8. E quindi io, come cittadino che appartiene alla Comunità, che cosa posso fare?

A questa domanda le relatrici rispondo: “parlare di violenza sulle donne o di violenza di genere vuol dire parlarne tutti i giorni. Non minimizziamo, non svalutiamo, poniamo attenzione, aiutiamo, supportiamo e proviamo a fare questo piccolo atto creativo: usciamo dal nostro confine, informandoci e alimentando la curiosità nei confronti di queste tematiche”.
Pariamone sempre!!

CONSIGLI BIBLIOGRAFICI

  • Murgia, M. (2021). STAI ZITTA e altre nove frasi che non vogliamo sentire più.
  • Vagnoli, C. (2021). Maledetta sfortuna. Vedere, riconoscere e rifiutare la violenza di genere.
  • Una. (2018). Io sono una.
  • Norwood, R. (2013). Donne che amano troppo

 

A CURA DI:

Dott.ssa Elisa Tiberto

Psicologa Clinica e di Area Oncologica, Consigliera con delega alle politiche giovanili, pari opportunità e coesione sociale del Comune di Bagnoli di Sopra (PD)

Dott.ssa Chiara Mariani

Laureata in Psicologia e tirocinante presso il Centro Antiviolenza di Venezia

Dott.ssa Giulia Piovan

Psicologa e Psicoterapeuta in formazione, volontaria presso il Centro Veneto Progetti Donna

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Elisa Tiberto

Psicologa, appassionata di storie e movimento.

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